IL RITO DEI SALDI AI TEMPI DI INTERNET: CAMBIARE PER AIUTARE SIA I CLIENTI E SIA I COMMERCIANTI
Si sta ormai affermando negli Stati Uniti il guideshop, ossia un negozio fisico come gli altri, con i commessi, i camerini, vestiti o scarpe da provare, che però non ha…la cassa. E’ un negozio che consente al cliente di valutare e provare il prodotto dal vivo, ma poiché non ha magazzino e scorte, l’acquisto avviene solo online. In tal modo il commerciante risparmia su due voci di costo: magazzino e resi, mentre il consumatore ha prezzi migliori. E’ l’ennesima riprova che il commercio è uno dei settori dove l’impatto del digitale sta cambiando tutto.
Netcomm, il consorzio del commercio elettronico in Italia, ha pubblicato uno studio secondo cui al 31.12.2016, ben 31 milioni di italiani di età superiore ai 16 anni accedono regolarmente alla rete e di questi 29,6 milioni di italiani hanno comprato almeno una volta su internet, mentre il 51,6%, ossia 15,9 milioni di italiani sono clienti abituali dei siti e-commerce.
Eppure in Italia continuiamo a mantenere una legislazione sui saldi che andava bene nella scorsa era, non certo in quella digitale attuale, dove l’e-commerce non è tenuto a rispettare nessun vincolo su saldi e promozioni (per non parlare purtroppo degli orari) e sotto questo profilo è quindi molto, direi anche troppo, avvantaggiato rispetto al singolo commerciante.
E’ esperienza comune a tutti noi che i commercianti stessi, per non perdere clientela, sono costretti a inventarsi strumenti per liberalizzare nei fatti, quello che la normativa si ostina a voler rigidamente regolare. Carte fedeltà con sconti per i clienti, prodotti in promozione, black Friday, “presaldi”, sms e messaggi whats’up con avviso di sconti inviati a gruppi di clienti, gli outlet, temporary stores ed altro ancora: sono tutti strumenti che servono per eludere i blocchi temporali rigidi imposti dalla normativa.
E’ chiaro a tutti che il boom (eventuale) degli acquisti durante i saldi compensa il minor volume di acquisti nelle fasi precedenti. L’unica cosa che conta, alla fine, è solo la capacità complessiva di spesa del consumatore. Pertanto, non si comprende perché non consentire ai commercianti di proporre liberamente prezzi migliori e sconti anche in altri periodi dell’anno, e di conseguenza consentire ai consumatori di acquistare liberamente, in qualsiasi periodo dell’anno, prodotti a prezzi concorrenziali con quelli dei siti on-line. Ovviamente nulla vieta che si possa affiancare la liberalizzazione dei prezzi, con il mantenimento di questo “rito” laico dei saldi, da usare come momento consuetudinario di marketing e di attrazione, ma senza vietarlo nel resto dell’anno.
In conclusione, l’obiettivo comune a tutti è senz’altro quello di salvaguardare il commercio al dettaglio. Tuttavia, i commercianti che si vedono togliere quote di mercato dall’e-commerce devono tenere a mente che la tecnologia comunque non cancella la prima regola del consumo: chi acquista premia chi genera – e quindi vende – valore. Non serve quindi temere lo stravolgimento causato dalle vendite online, ma occorre governarlo, anche cambiando rispetto a quanto si è sempre fatto nel passato.
avv. Antonio Pinto
Presidente Confconsumatori e vicepresidente Consulta Regionale dei Consumatori01